L'essenza del costruire di Mies van der Rohe

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Forse non tutti sanno che l’ormai popolare detto Less is more (meno è più ovvero meno è meglio) ha origini antiche. Coniato da un ottocentesco poeta inglese, è diventato celebre grazie all’architetto e designer tedesco Mies van der Rohe, uno dei massimi esponenti del Movimento Moderno. Un Maestro.

La locuzione, tanto conosciuta oggi da essere virale, era considerata una grande rivoluzione negli Anni 30 – 40, un periodo di rottura rispetto a tempi in cui si credeva che si doveva comunque, nel caso di grandi opere architettoniche, ossequiare ad un principio di opulenza e complessità apparente delle arti in genere.

Less is more capovolge questo paradigma e indica che in realtà il miglior risultato, il di più, si ottiene nel caso in cui si produca un edificio – ma questo vale per qualunque tipo di prodotto - essenziale e perfetto nelle sue funzioni.

Un principio che Mies van der Rohe utilizzò come fondamento di una nuova architettura che non guardava più allo sfarzo e alla complessità di risultato come qualcosa di buono, ma pensava che l'essenza vera della costruzione architettonica potesse emergere ed essere esaltata per quella che era.
Il suo interesse per l’architettura nasce dal padre, scalpellino. L’incontro con la grande architettura avviene nel 1907, quando Mies approda nello studio di Peter Behrens, uno dei maestri dell’architettura del tempo, al fianco di Gropius e per breve tempo anche di Le Corbusier. Nel 1912 lascia lo studio e apre la propria attività a Berlino. Sono anni in cui si dedica alla ricerca teorica, scrive su importanti riviste d’avanguardia ed è autore di progetti-manifesto. Si afferma, dunque, come una delle principali personalità dell’architettura tedesca, cosa che gli vale un ruolo di primo piano tra i docenti del Bauhaus, la scuola d’arte, design e architettura moderna dove insegnano maestri come Gropius, Klee e Kandinsky.

Se Le Corbusier incarna l’anima più poetica del Movimento Moderno, l’architetto tedesco ne rappresenta l’aspetto più profondamente filosofico. Vive tra due mondi: l’Europa innovativa, dove nasce nel 1886 (ad Aquisgrana, in Germania) e l’America della modernità e dei grattacieli, dove muore nel 1969.

Le opere di Mies van der Rohe hanno segnato il punto più avanzato del Movimento Moderno con edifici che rappresentano vere e proprie pietre miliari del costruire. Alcuni esempi?

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Padiglione Barcellona - foto sopra) ideato per l’Esposizione Universale di Barcellona del 1929 di Mies van der Rohe, è la sintesi di una lunga ricerca sull’abitazione e segna alcuni punti di non ritorno nella disciplina della composizione architettonica e nelle tecniche costruttive: il pilastro a croce in acciaio, la separazione degli ambienti attraverso setti ortogonali indipendenti, la definizione dello spazio della casa attraverso l’uso di un recinto che la separa dalla strada.

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Nei Lake Shore Drive Buildings Apartments di Chicago (1948 - 1951), invece, Mies inventa il cosiddetto curtain wall (facciata continua), un sistema di facciata realizzato in lastre di vetro sostenute da telai d’acciaio. Una novità epocale che rivoluziona il rapporto tra interno ed esterno degli edifici – prima di allora esisteva solo la tradizionale muratura con finestre – offrendo a tutti gli appartamenti l’affaccio sul lago Michigan.

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Nel Seagram Building di New York (1954 - 1958) l’invenzione è urbana: Mies arretra il grattacielo rispetto al filo della strada – la base dell’edificio occupava sempre l’intera superficie dell’isolato in cui era inserito -. In tal modo lo mette in risalto e, attraverso la piazza, costruisce un rapporto con la città.

Ci sono poi architetture che contribuiscono a definire in modo definitivo la tipologia dell’edificio ad aula: uno spazio indiviso, libero da pilastri e definito solo da un tetto, in cui le persone possono riunirsi per le funzioni più diverse. Una sorta di moderna piazza coperta. Sono la Crown Hall di Chicago (1950 - 1956), sede dell’Illinois Institute of Technology; la Convention Hall, sempre a Chicago, mai costruita; la Neue Nationalgalerie di Berlino che, nel 1962, lo vedrà impegnato fino a pochi mesi prima della sua scomparsa e che ne consacra definitivamente l’immagine di architetto del noto motto Less is more (un’enorme aula – immaginata per raccogliere opere d’arte del XX secolo – definita da una copertura a piastra sorretta da soli otto pilastri).

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Non mancano i progetti urbani, come Lafayette Park, un grande quartiere di Detroit (1955), in cui Mies riafferma il principio caro al Movimento Moderno di città contemporanea costruita nella natura.

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Celeberrima, infine, è Farnsworth House (foto sopra):un casa per il weekend, pensata da Mies come luogo per stare nel bosco. L’abitazione, progettata e costruita tra il 1945 e il 1951, è costituita da 2 piani orizzontali, un blocco centrale dedicato ai servizi e un rapporto intimo con la natura definito da confini di solo vetro.

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Nel corso della sua carriera Mies van der Rohe si è dedicato sia dalla costruzione di grattacieli che all’ideazione di oggetti di design destinati ai suoi progetti. Tra questi l’iconica Barcellona Chair, originariamente destinata al padiglione tedesco del 1929, è prodotta ancora oggi dal marchio Knoll International che ne acquistò i diritti nel 1953.

Il principio sempre lo stesso: Less is more. La struttura in acciaio della poltrona Barcelona (ispirata alla forma di un paio di forbici) insieme al cucino rivestito in pelle trapuntato a bottoni (40 quadrati tagliati e cuciti a mano), erano pensate per favorire la produzione in serie.

Oggi, nel 2018, sappiamo che a livello esistenziale, il richiamo a valori come semplicità, sobrietà, linearità, essenzialità, eleganza, schiettezza, sostanza possono aggiungere qualità alla realtà. Per aggiungere qualità, insomma, a volte occorre saper sottrarre quantità. Un principio valido tanto in architettura quanto nella vita.

Istituto Dante Alighieri