Perché la bolletta dell'energia sta diventando sempre più cara
L'aumento del prezzo del gas naturale si riflette anche sui consumi delle famiglie. Incidono la ripresa delle attività dopo Covid-19 e la spinta della economia asiatica.
Un aumento internazionale del costo del gas e dei crediti ambientali per l’emissione di anidride carbonica: sono i principali motivi alla base del previsto ulteriore aumento dei prezzi dell’energia elettrica che, in base alle recenti dichiarazioni del ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, potrà raggiungere il 40% in più a partire da ottobre.
Un problema aggiuntivo per famiglie e imprese, dopo che a giugno l’Autorità di regolazione per l’energia (Arera) aveva già varato un aumento del 9,9% e del 15,3% per gas ed elettricità, mitigato da un intervento del governo con l’impiego di 1,2 miliardi di euro provenienti dalla raccolta dei permessi di emissione per ridurre gli oneri generali in bolletta, onde evitare un aumento fino al 20%.
Lo scenario in Europa
Sarà ancora l’Arera a rendere noto il prossimo aumento, a fine settembre, anticipato dall’uscita del ministro, nel corso di un convegno Cgil a Genova. Le quotazioni del gas naturale alla borsa delle commodity di New York (Nymex) sono aumentate dell’80,45% nel corso degli ultimi 12 mesi (oltre il 35% nell’ultimo mese). Mentre venerdì scorso il contratto energetico tedesco, benchmark per l’Unione europea, ha raggiunto il record di 97,25 euro megawattora per il 2022, superando livelli visti solo nel 2008, mentre l’equivalente francese ha fissato un nuovo record a 100,4 euro, riporta Reuters.
A luglio la Commissione europea, inoltre, ha alzato l’asticella per gli obiettivi europei di decarbonizzazione dal 40 al 55% in meno di gas serra, cosa che ha spinto i prezzi dei crediti di emissione a 62,4 euro a tonnellata di CO2, mentre tre mesi fa si erano attestati oltre i 50 euro.
Il pieno recupero delle attività produttive è un altro fattore, sebbene diverse fonti confermino che in Italia i livelli pre-pandemia non siano ancora stati raggiunti. L’Enea stima una crescita tendenziale della domanda di energia e delle emissioni di circa il 6% per l’intero 2021, ma “un ritorno ai livelli pre-pandemia tra il 2022 e il 2023”.
Nel secondo trimestre 2021, i combustibili fossili hanno registrato forti incrementi: la domanda di petrolio ha segnato un +30%, quella di gas naturale +21%, dopo il crollo nello stesso periodo 2020. Secondo Terna poi, il valore di fabbisogno elettrico di luglio 2021 è in calo del 2,1% rispetto a luglio 2019 e il valore dei primi sette mesi dell’anno è in flessione del 2% rispetto all’omologo periodo del 2019.
Lo scenario nel resto del mondo
Sul mercato globale incide l’aumento della domanda asiatica, mentre in Europa le scorte disponibili sono inferiori rispetto agli anni precedenti. Cina ed estremo Oriente stanno facendo incetta di gas naturale liquido (Gnl) per sostituire il carbone, mentre gli stock europei risultano pieni al 70%, rispetto al 93% dell’anno scorso, secondo dati Gie (associazione europea delle infrastrutture energetiche), citati da Reuters.
Corea del Sud, Cina e Giappone, sono diventati invece i principali clienti del gas americano, le cui esportazioni sono cresciute negli ultimi anni. E dagli Stati Uniti si guarda con attenzione all’inverno europeo: a questo punto, il prezzo dell’energia dipenderà anche da variabili come temperature, i venti sull’eolico nel Mar del Nord e dalle politiche russe.
“Il governo è fortemente impegnato per la mitigazione dei costi delle bollette dovuti a queste congiunture internazionali e per fare in modo che la transizione verso le energie più sostenibili sia rapida e non penalizzi le famiglie”, ha spiegato Cingolani. La principale carta da giocare sembra essere, ancora una volta, utilizzare gli oneri Ets, oppure spostare gli incentivi alle rinnovabili sulla fiscalità generale, per 11 miliardi di euro l’anno.